
Ludovico Vanoli è un eccellente esempio di come si trasforma una passione in lavoro. Fin da giovane si è appassionato a snowboard e wakeboard, dando fondo alla propria voglia di sport fino ad arrivare a competere a livello agonistico con buoni risultati, soprattutto in acqua. Ma qualche medaglia e competizione nazionale non lo hanno mai convinto a tentare la via professionistica. Ma la forte passione perle due discipline l’ha portato ad aprire dapprima una scuola di wakeboard sul Lago d’Iseo nel 2010 (con barca), arrivando poi ai Wakeparadise di Montichiari (2012) e Milano (2015), veri gioielli nostrani per chi ama il cablewake, a quali si aggiunge la gestione consociata della scuola di snowboard The Garden a Madonna di Campiglio. Senza contare che Ludovico è anche allenatore della squadra nazionale italiana di cablewakeboard dal 2014. Ecco l’intervista che gli abbiamo fatto.
Una “carriera” da atleta più per passione che per vero agonismo. Ti manca qualcosa di quella esperienza fatta prettamente di gare?
Non mi sono mai preso troppo sul serio come atleta. Lo dimostra l’avere diviso il mio tempo tra wakeboard e snowboard, una scelta dettata dal seguire più il divertimento che la performance agonistica. E tutto sommato sono felice di questa scelta perché mi ha portato al mio lavoro attuale che appunto si divide tra queste due discipline. Oltretutto non penso di aver avuto un talento tale da permettermi di vivere come professionista.
Hai raggiunto dei risultati di rilievo in quegli anni?
Sono stato in nazionale wakeboard come junior, ho vinto un argento in wakeskate ai campionati europei e un paio di gare importanti in giro per l’Europa come il FISE a Montpellier. Nel 2004 ho firmato un contratto con Reef Europa e per tre anni ho avuto un piccolo stipendio; quello insieme ad altri sponsor mi dava buoni stimoli per spingere maggiormente. In snowboard non ho mai fatto grandi podi, ma arrivare in alcune finali con rider forti è stato molto esaltante.
Cosa trovi di più entusiasmante ora nell’insegnare snowboard e wake? Perché hai scelto questa strada professionale?
Quando ho cominciato a lavorare seriamente in una scuola di wake a Iseo per un’estate, appena finita l’università, ho realizzato che il lavoro in generale porta via gran parte del nostro tempo e stare in barca a insegnare per anche 14 ore al giorno non mi pesava. Un mix tra vedere gente nuova, prendersi bene per lo sport che amavo e vedere la mia realtà crescere.
Come è nata l’idea di aprire un impianto cable per il wakeboard?
Dopo tre anni di scuola barca sul lago d’Iseo cominciavo a vedere il futuro di questo sport in strutture dove fosse più facile imparare, più economico girare e con più capienza giornaliera, per unire più praticanti come succede in montagna. Facendo un paragone con lo snowboard la barca sarebbe l’half pipe e il cable lo snowpark, con salti e rail.
Hai trovato delle difficoltà a inizio attività?
Molte difficoltà! In primis l’investimento iniziale, riqualificare una ex cava richiede parecchio capitale e gli impianti costano parecchio. Grazie a una sinergia con un mio allievo più vecchio di me, Daniele “Lobo” Moretti, e i proprietari del lago ci siamo messi in pista con più di 200.000 euro per fare Wakeparadise Montichiari a Brescia. Ma la vera sfida non è stata far funzionare l’attività a Montichiari, ma interfacciarsi con la burocrazia italiana fatta di tanti dubbi, la mancanza di certezze, nessun dirigente che si prende responsabilità delle proprie prese di posizioni e tanti soldi buttati al vento inutilmente. Per fortuna grazie a tanto impegno e un po’ di fortuna siamo riusciti a creare una piccola eccellenza italiana che ospita ogni anno il Wake to Paradise, un contest con i rider più forti al mondo che vengono non tanto per il cashprize, ma perché amano lo spot e il mood che lo contraddistingue.
Dopo Montichiari, Milano: una sfida diversa o il normale proseguimento della tua attività?
Dopo tre stagioni a Montichiari sapevo di dover fare anche altro, e Milano è stata un’opportunità datentare, ho vinto quasi inaspettatamente un difficile bando pubblico. Avere un impianto vicino a una grossa metropoli mi ha permesso di poter investire ancora di più per creare quello che ogni rider come me vuole, ossia un park che “spacca” e con una buona atmosfera. Anche in questo progetto ho avuto il sostegno di due amici, Tristano Bergamini e Claudio Ponzani, entrambi più grandi di me e conosciuti 20 anni prima in questo ambiente di tavole quando ero un ragazzino.
Cosa offrono in termini strutturali i Wakeparadise e quali servizi proponete?
Sia a Milano che a Montichiari c’è spazio per passare la giornata, anche per chi accompagna soltanto, con lettini e accesso all’acqua. Abbiamo diverse strutture per soddisfare neofiti e pro che vengono a trovarci: lo sport è in realtà molto semplice da approcciare anche senza nessuna esperienza.
Passiamo alla neve: parlaci della scuola snowboard The Garden a Madonna di Campiglio
Ho sempre praticato snowboard a Madonna di Campiglio, ho una casa là, e nel 2015 ho avuto il piacere di essere chiamato a partecipare a questa realtà nata da Paco (Tommaso Bosio), Nani (Alessandro rondina) e Chef (Stefano Barbera). Con persone così capaci e dedite in quello che facevano non ho avuto nessun dubbio e oggi, oltre a essere una realtà più che affermata in Italia, abbiamo uno degli snowboard team giovanili più grandi d’Europa. Loro poi continuano da soli l’insegnamento d’estate con i camp snowboard a LesDeuxAlpes, in ghiacciaio.
Sei anche allenatore della nazionale italiana di cablewakeboard: che impegni comporta un simile ruolo?
Oltre agli aspetti tecnici da maestro, bisogna organizzare allenamenti e trasferte, affrontare gare, interfacciarsi con la federazione, gestire e rendere conto di un budget. Per qualsiasi maestro penso che sia la massima aspirazione e sono molto grato di avere questo ruolo, faccio il possibile per portarlo avanti con la massima serietà.
Come riesci a gestire i Wakeparadise e la tua attività di allenatore (wake e snowboard) insieme?
Grazie all’aiuto dei miei soci, del nostro staff di persone appassionate e professionali, e a tanti amici che danno sempre una mano per i posti che amano. Senza dimenticare mia moglie che oltre a fare e organizzare, sta crescendo i nostri 2 figli di due e tre anni. Non che io non faccia proprio niente, però (ride, ndr)…
A quanti ragazzi state insegnando ad andare in tavola attualmente?
Tra scuole wakeboard e snowboard insegniamo a circa 8.000 persone ogni anno.
Che margini vedi per la disciplina in Italia? Cosa gli manca per emergere ulteriormente?
La vedo in crescita esponenziale, anche grazie ai cablepark che stanno aprendo. Per emergere ulteriormente forse servirebbe più professionalità: oltre a mancare le persone capaci di insegnare, spesso in tanti prendono la gestione un po’ sottogamba perché sembra un’attività divertente e poco impegnativa, mentre invece lo è molto e richiede tantissimi sforzi. Tornando al paragone con lo snowboard, sarebbe come insegnare, gestire la seggiovia, il park, il noleggio e anche un bar.
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